L’8 CONTRO IL DOMINIO E PER LA LIBERAZIONE DI TUTTI.

Essere parte di una minoranza discriminata non è una festa. Quello in cui non solo l’8 marzo (ma ogni giorno) dovremmo davvero auspicare, è una presa di coscienza che vada oltre gli stereotipi ed i luoghi comuni. Una riflessione che ci porti a capire che l’oppressione di qualcuno è sbagliata a prescindere da etnia, sesso o specie e che ci porti ad un’unica lotta contro il dominio e per la liberazione.
Il femminismo è l’idea che tutti gli individui appartenenti alla specie umana, per il solo fatto di appartenere alla specie umana e senza doti aggiuntive, sono meritevoli di uguale rispetto e hanno pari valore.
Femminismo significa lottare per la parità dei sessi, in quanto non è stata raggiunta perché ci sono diversi sistemi di oppressione che pongono alcuni gruppi di persone su un livello gerarchicamente superiore rispetto ad altri.
Non si tratta, come alcuni pensano o hanno sentito dire, di un gruppo di donne pazze che vuole sterminare il genere maschile.
Esatto, il femminismo non ha sentimenti verso gli uomini diversi da quelli che ha verso le persone di qualunque altro genere.
Per definizione, il femminismo difende l’uguaglianza di tutte le persone – e gli uomini rientrano nella categoria persone.
Se si trattasse di prediligere la donna rispetto all’uomo sarebbe soltanto un capovolgimento del problema, si tratterebbe di unione in quanto donne e non uniti in quanto femministi. Sostanzialmente donnismo anziché femminismo.
La violenza di genere non è “maschile”. E’ maschilista e patriarcale.
Essere femministi significa essere contro il patriarcato, che è un sistema dove il potere ed i privilegi sono detenuti dall’uomo e che impone dei modelli o ruoli da seguire (anche all’uomo), pena l’essere discriminati.
Per cui voler distruggere il patriarcato non significa combattere gli uomini, significa combattere le ingiustizie. Non è quindi solamente inserire la donna nel contesto lavorativo, economico e sociale. E’ lottare perché la donna non debba imparare ad essere come un uomo per essere accettata.
L’integrazione della donna nella società patriarcale non cambia la società, ma la donna.
I modelli ed i ruoli di genere derivanti dal patriarcato sono ovunque, dai più evidenti ai più radicati e nascosti.
Blu è per i maschi, rosa è per le femmine.
Carri armati, pistole e macchine sono per i maschi mentre le bambole, i fiori ed il makeup sono per le femmine.
I ruoli di genere ci impongono modelli di comportamento:
gli uomini devono essere dominanti e le donne devono essere sottomesse; gli uomini devono trovarsi un lavoro “vero”, mentre le donne dovranno prendersi cura della casa e dei bimbi.
Questo mette dei paletti mentali che diventano accettati da tutti e visti come la normalità, ma in realtà gli esseri umani (che siano uomini o donne) sono molto più di questo.
Inoltre i ruoli di genere escludono completamente le persone che non si identificano in questa struttura binaria.
Voler abolire i ruoli di genere non significa voler togliere la possibilità a qualcuno di sentirsi uomo, significa semplicemente voler che l’essere uomini o donne possa essere interpretato ed espresso in maniera personale, anziché acquisito aderendo ad un modello prestabilito.
Significa voler eliminare tutte quelle differenze culturali venutesi a creare tra uomo e donna, imponendo dei ruoli, degli atteggiamenti, dei modelli da seguire a seconda del sesso.
Vale quindi anche per i maschi, che crescono con un’idea ben precisa (quella patriarcale) di cosa significhi essere uomo. C’è ad esempio l’idea che l’uomo debba essere robusto, forte, aggressivo e che non debba piangere o mostrare emozioni. Vale anche per gli omosessuali, bisessuali o transessuali, per cui non vi è buona considerazione perché si allontanano dallo standard (eterosessuale).
Essere femministi significa essere contro il sessismo, che è la tendenza a valutare la capacità o l’attività delle persone in base al sesso ovvero ad attuare una discriminazione sessuale.
Per cui volerlo eliminare non significa essere contro l’uomo o che l’uomo sia sempre sessista; significa solo voler eliminare l’azione discriminatoria verso le donne.
Essere femministi significa essere contro i privilegi maschili.
Nella società patriarcale gli uomini hanno dei vantaggi. Non significa che tutti gli uomini abbiano privilegi, perché bisognerebbe tener conto della classe sociale, “razza”, abilità. Ovviamente se sei un uomo, non è colpa tua. Non hai creato tu il sistema in cui viviamo, ma ne benefici in questo senso. Alcuni esempi banali possono essere: potersi vestire come si vuole, poter andare a letto con chi si vuole, poter tenere atteggiamenti volgari (anche per scherzo) senza essere considerati di cattivo gusto, non venir prima giudicato per il proprio aspetto fisico e sessuale, non venir reso un oggetto estetico e prettamente funzionale al piacere fisico o alla procreazione, etc..
Dunque si può godere di quei privilegi o prendere atto del fatto che sia difficile tirarsene fuori quasi quanto difficile è per le donne rivendicare diritti senza sentirsi dire di essere delle “femministe isteriche”.
Il privilegio maschile è quindi anche quello un dato strutturale e della cultura di cui è impregnato non ha colpa solo il maschio, ma chiunque la veicoli (donne incluse).
Avere questi privilegi non ti rende una cattiva persona, ma è necessario riconoscerli.
Concludendo, l’8 marzo deve essere molto più della “festa della donna”. Deve essere un’azione culturale che agisce per ogni soggetto autodeterminato al quale non può essere imposta alcuna visione. Nessuna costrizione del pensiero, nessuna costrizione dei corpi, nessuna prigione morale.
Deve essere la festa dell’autodeterminazione di tutti, ricordando che vi sono tante oppressioni che, avendo come matrice comune il dominio, vanno combattute in un’unica lotta.

Da: Mosca Bianca

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