IL LAVORO

Cosa rappresenta il lavoro oggi? Per molti, quell’attività alienante che si è costretti a svolgere per ottenere i soldi necessari a sopravvivere.
Attività che spesso viene svolta per 8 ore al giorno per decine di anni, ovvero per la maggior parte della giornata e per la maggior parte della vita.
Quell’obbligo che, dopo averti tolto il tempo per coltivare interessi e passatempi personali, ti lascia giusto la voglia di stenderti sul divano e di guardare passivamente la televisione una volta tornato a casa la sera.
In questo modo il tempo libero diventa tempo in funzione del lavoro.
Il lavoro è la vendita del nostro tempo. E mettere in vendita la quasi totalità della nostra vita in cambio della sopravvivenza.. è schiavitù.
Sembra esagerato? Ragioniamoci un po’ su.

Il lavoro occupa il tempo dell’uomo non soltanto dentro la fabbrica, ma anche durante il tempo libero.
Non è forse in relazione all’attività lavorativa che decidiamo quando andare in vacanza e per quanto?
Non è forse in funzione del lavoro che organizziamo il nostro tempo libero (libero appunto dal lavoro), il nostro ciclo di sonno e talvolta la nostra alimentazione (per via dei brevi tempi di pausa)?
Non è in funzione del lavoro che gestiamo la nostra vita sociale e di relazione?
Il tempo dedicato al divertimento e al piacere, non dipende dal lavoro?
Non siamo forse tenuti a scegliere il vestito da indossare per essere “presentabili” sul posto di lavoro e ad avere un’automobile per recarci sul posto di lavoro?
E non ci è forse richiesto di occupare la mente solo con lo scopo dell’attività da svolgere nei tempi stabiliti? Guai a voler fare, a voler passare del tempo con i nostri cari o ad essere deconcentrati per altri motivi durante l’orario di servizio.

Questa alienazione di conseguenza provoca un atteggiamento passivo che impedisce di riflettere o coltivare le nostre passioni e che ci spinge invece a cercare lo svago e la distrazione.

Il valore di una persona in chiave economica è proporzionale a ciò che possiede e la sua utilità è apprezzata in funzione della sua produttività e non delle sue qualità. Ed è anche normale escludere una persona dal sistema se non produce sufficientemente.
Nonostante la frustrazione e la divisione che genera, la competitività continua ad essere accettata come struttura cardine della società: diventa accettabile essere sfruttati a patto di poter a nostra volta sfruttare qualcun altro o anche solo a patto di poter comprare l’ultimo modello di auto o di telefono.
La ricerca del profitto è ormai il fine ultimo dell’umanità. L’accumulo di ricchezza e il progresso per spingerci oltre (senza ricordarci il motivo per cui lo facciamo) sono diventati la realizzazione della vita umana.

Il paradosso è che nonostante tutto riteniamo che lavorare sia un privilegio. Vedendo situazioni catastrofiche in altre parti del mondo arriviamo a pensare “che fortuna lavorare 8 ore al giorno 5-6 volte a settimana!”.
Non ci rendiamo conto che se abbiamo l’auto, la televisione o l’ultimo Iphone, non è perché il nostro sistema socio-economico è il più efficace. Ed è anche falso credere che la ricchezza sia l’inevitabile conseguenza del duro lavoro e dell’intraprendenza, perché se così fosse ogni donna in Africa sarebbe milionaria (come disse George Monbiot).
In realtà dobbiamo il nostro benessere ad un sistema che sta sfruttando 3/4 di mondo per concentrare nelle mani di pochissimi tutte le risorse e renderle disponibili ad una sola parte di mondo, che siamo noi.
Il nostro “lusso” è sempre lo sfruttamento di qualcun’altro.
“La situazione è irreversibile ormai” è la tipica risposta di chi vuole persino difendere la propria condizione alienata. Non è per niente facile rivalutare qualcosa che abbiamo sempre ritenuto normale e necessario.

Eppure dovrebbe farci pensare: riteniamo normale che per vivere ci siano concessi un paio di giorni alla settimana perché il resto del tempo deve essere speso per contribuire a produrre, annichilendo un’intera esistenza.
Come si può vivere davvero in questo modo?

“Da quando l’obbligo di produrre si è prolungato in persuasione di consumare, il lavoro si è trasformato da oggetto di orrore in soggetto di soddisfazione.” (R. Vaneigem)

Fonte: Mosca Bianca

 

Comments

comments

Share : facebooktwittergoogle plus
pinterest



Leave us a comment


Comments are closed.