L’AVERE DI PIU’ NON COMPENSA MAI L’ESSERE DI MENO
La civiltà c’insegna da sempre che gli unici rimedi alla sofferenza esistenziale che essa genera sono la sopportazione, la distrazione, la non consapevolezza; oppure lo sfogo. Godere appieno della propria esistenza è l’esatto opposto del trovarsi confinati nel bisogno di sfogare frustrazioni. Quello che ci manca non è maggior potere, maggior denaro, maggior prestigio, più cose, più servizi o un numero indefinito di cavalli nel motore dell’auto.
Ci manca il nostro mondo, quello degli affetti, dei sentimenti, del desiderio. Ci manca la capacità di essere e di sentirci autosufficienti rispetto alla vita, e di non essere in balia di una presa elettrica che si stacca. Ci manca la passione di un’esistenza profonda che ci faccia provare il desiderio di immergerci nel calore altrui, ma anche quello di starcene in ozio a contemplare il cielo, il mare, la montagna, il bosco.
Ci manca la capacità di vivere un rapporto intenso con la terra, la gioia di sentirla, di toccarla, di annusarla, di starci dentro come suoi compagni e non come suoi “padroni”.
Ci manca la nostra soggettività, la possibilità di sentirci esseri umani e non elementi semplicemente utili a una causa; di sentirci esseri umani e non materiale biologico da studiare, controllare e comporre in un quadro fisso di assegnazioni sociali.
Ci manca insomma la libertà di poter essere quello che sentiamo di essere, di far ciò che ci soddisfa e di poter vivere in un universo di relazioni spontanee non fondato sulla soggezione e sulla prevaricazione.
“L’avere di più non compensa mai l’essere di meno”, ha ricordato Zerzan.
Quando un membro dell’alta aristocrazia si toglie la vita, siamo quasi sempre portati a pensare che quel gesto non abbia un senso. “Non gli mancava nulla”, è il ragionamento comune. Denaro, potere, potenza: aveva tutto!
Già, aveva tutto, tranne quello che è indispensabile per vivere…
(da Liberi Dalla Civiltà, Enrico Manicardi)
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