L’ARCHITETTURA OSTILE

Spuntoni di ferro per evitare di sedersi, braccioli nelle panchine per impedire di sdraiarsi, elementi aguzzi contro chi pratica skateboard ed ultimamente a Seattle l’installazione di rastrelliere bici (che non servono affatto per le bici) sotto un ponte per dissuadere il bivacco e l’accampamento. E’ l’ ”architettura ostile”, la nuova frontiera dell’arredo urbano ideato per allontanare gli homeless ed i soggetti considerati indecorosi, nonché creata con lo scopo preciso di dissuadere i cittadini a tenere comportamenti considerati “anti sociali” in pubblico.

L’architettura ostile è il più classico degli stratagemmi occidentali pensati per affrontare i problemi sociali senza risolverli, ma semplicemente cercando di coprirli, nasconderli e renderli invisibili ai più.

Chiaramente non tutti se ne accorgono e se appunto non ve ne accorgete significa che non fate parte del gruppo dei poveri, dei mendicanti o degli “indesiderati”. L’architettura ostile è infatti indirizzata esclusivamente ai gruppi sociali considerati più “deviati” e “devianti”, dai senzatetto agli adolescenti, e lanciano un messaggio chiaro: voi qua non ci dovete stare.

La caratteristica più subdola e dell’architettura ostile è proprio la capacità di mimetizzarsi. Chi non ha un posto in cui stare o chi non fa parte di un gruppo sociale da respingere, probabilmente non noterà neanche la stranezza di queste infrastrutture. Un po’ come dire: “non capisci perché ci sia un bracciolo al centro della panchina finché non ti capita di dover dormire per strada”. Ecco quindi un nuovo metodo di discriminazione sociale ed economica, perfetto poiché sottile abbastanza da non fare troppo scalpore, che è pronto a proteggere gli occhi di chi passeggia per i centri storici dorati delle nostre città da visioni ritenute indecorose come un senzatetto che dorme o un gruppo di ragazzi che fa skate.

Come ha suggerito Rowland Atkinson, del Centre for Urban Reasearch dell’Università d New York, “l’architettura ostile non è altro che una piccola parte dell’idea più generale di ostilità ed indifferenza nei confronti delle differenze sociali e della povertà nelle città. Ci sono una serie di processi, tra cui quelli economici, che fanno parte di quest’idea. Ma adesso il passo successivo sembra essere quello di dire: Non vi lasceremo vivere neanche nel modo più disperato possibile”.

Sebastiano Alicata

 

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