La geopolitica
Geopolitica
[ge-o-po-lì-ti-ca] s.f. (non com. pl. -che)
• • Studio del rapporto tra la posizione geografica di una regione e la sua storia politica
(Dizionario della lingua Italiana Sabatini – Colletti)
Detto così, la geopolitica sembrerebbe qualcosa di sensato, di logico. Ogni luogo antropizzato ha la sua storia, che è sicuramente influenzata dalla posizione geografica e dalla conformazione del territorio, dalle sue caratteristiche naturali.
Un primo problema può semmai nascere quando, riferendosi ad un territorio, quindi ad uno spazio naturale, si indicano le sue caratteristiche con il nome di “risorse”, intendendo per risorsa qualcosa che può essere utilizzata dall’uomo per ricavarne vantaggi. I fiumi, i laghi, i boschi, la conformazione del suolo e del sottosuolo non sono risorse, ma vengono rese tali dall’intervento, spesso violento e prevaricatore, delle civiltà umane, che usano il loro potere sull’ambiente per raggiungere gli scopi collegati all’economia.
Sostenere che una popolazione che vive in un territorio ricco di alberi, o con un sottosuolo ricco di gas naturale, goda di importanti vantaggi legati allo sfruttamento di tali risorse, non è l’esposizione di un dato di fatto, ma una precisa formulazione ideologica, che dà per scontato che sia “naturale” intervenire pesantemente sull’ambiente, utilizzarlo per trarne vantaggi, e usare questi vantaggi per godere di una posizione di forza nei rapporti con popolazioni di altri territori. Non tutte le popolazioni umane ragionano o hanno ragionato così nel corso dei millenni, e non tutte le terre abitate dagli umani hanno necessariamente una “storia politica”.
Ad ogni modo, la scarna definizione utilizzata sopra non coglie tutte le dimensioni del problema dell’approccio geopolitico all’analisi dei rapporti fra collettività umane.
Per delimitare meglio il campo di ricerca, ricorreremo alla definizione, più precisa, fornita dal geografo Yves Lacoste:
“Viene considerata geopolitica quella situazione nella quale due o più attori politici si contendono un territorio. In questo contendere, le popolazioni che abitano il territorio conteso, o che sono rappresentate dagli attori che se lo contendono, devono essere coinvolte in questo conflitto attraverso l’uso degli strumenti di comunicazione di massa”.
Gli elementi che subito saltano all’occhio in questa definizione di geopolitica, sono il potere e il ruolo subalterno delle popolazioni.
Gli attori geopolitici sono i detentori del potere politico ed economico, che viene considerato sempre legittimo indipendentemente da come si raggiunge e mantiene, e che conferisce il diritto di disporre del territorio e dei suoi abitanti. Nella logica, a cui accennato prima, dei luoghi come contenitori di risorse da accaparrarsi, sono risorse anche le persone ivi residenti, e questa visione “proprietaria” e gerarchica dei rapporti sociali è considerata come un dato di fatto, una base da cui partire. Appare chiaro come un ragionamento che parte da una premessa ideologica spacciata per elemento oggettivo non possa dare che risultati viziati.
Il secondo elemento importante è la particolare funzione delle “risorse umane” rappresentate dalle popolazioni, a cui viene riconosciuto il ruolo di attori, diverso dal ruolo di una foresta o di un giacimento di gas, ma di attori in un certo senso “agiti” da parte dei detentori del potere, variabili utilizzabili per il raggiungimento dello scopo principale di questi ultimi, che è il mantenimento del controllo sul territorio e l’espansione dei territori controllati. Le popolazioni vanno usate, vanno formate tramite strumenti di convinzione che le inquadrino in una determinata cornice di interpretazione della realtà, che sia favorevole al potere.
Un esempio di strumento di irreggimentazione della società all’interno di logiche favorevoli agli interessi del potere è dato dalla produzione e dalla diffusione di identità collettive in opposizione fra loro, allo scopo di cementificare il senso di appartenenza ad un territorio e ai suoi governanti riducendo la varietà e la complessità degli aggregati umani, o di dividere una popolazione altrimenti omogenea e fare emergere nuovi rapporti di potere da sfruttare per accaparrarsi dei vantaggi politici ed economici.
Tanto la manipolazione dell’opinione pubblica tramite i mezzi di comunicazione quanto la guerra sono, secondo questo approccio, strumenti legittimi per assicurarsi il monopolio dello sfruttamento di tutte le risorse di una data regione.
La geopolitica studia i rapporti fra collettività come se si assistesse ad una grande partita fra proprietari di regioni geografiche, che devono utilizzare tutto quello che hanno a disposizione, terra, acque, vegetazione, fauna, sottosuolo, esseri umani e idee per aumentare il proprio potere in lungo e in largo, cioè sia nel grado di controllo delle risorse che come ampiezza delle aree controllate. Guerre militari, politiche ed economiche, alleanze nate e dissolte per convenienza, grandi narrazioni popolari e miti identitari, tutto serve allo scopo che altro non è che il potere fine a se stesso. La geografia influenza il potere, che a sua volta influenza la geografia. La vita è una variabile da scarificare, se necessario, alla ragione di Stato.
Appare chiaro a questo punto come, in un’ottica di critica radicale al potere, l’approccio geopolitico non possa essere utilizzato come guida per decifrare la realtà, essendo compromesso proprio con la visione ideologica che giustifica lo Stato, la gerarchia e la proprietà.
Occorre quindi rifuggire la logica, alle cui tentazioni spesso non resistono anche soggetti e gruppi che condividono con noi la critica al capitalismo o al militarismo, secondo cui esistano blocchi di potere “amici” che, seppure caratterizzati appunto da tutte le storture del potere, possano essere utili alla causa della liberazione perché, “da un punto di vista geopolitico”, essendo “nemici dei nostri nemici” potrebbero permettere di intaccare l’egemonia occidentale dei rapporti di forza.
Niente di più sbagliato e fuorviante, perché il nostro obiettivo in realtà è la costruzione di una dimensione in cui non esistano Stati né rapporti di forza fra Stati, e tale obiettivo è incompatibile col parteggiare per uno o l’altro dei principali rappresentanti del dominio.
La geopolitica e la partita a scacchi a scapito della vita in tutte le sue forme non possono essere in alcuna maniera avallate.
In questo caso, ancora una volta, l’unica strategia vincente è non giocare.
Fonte: Vincenzo Angelo
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