NON ESISTE NESSUN EUROPEO – O DI ALTRA PROVENIENZA – PURO

Riavvolgendo il tempo di più di mille anni – un insignificante lasso di tempo rispetto ai circa 200.000 anni da quando la nostra specie è emersa – le storie su eredità o territori esclusivi crollano.

Man mano che le tecniche per scoprire le origini etniche si diffondono, quasi ogni settimana viene portata alla luce una nuova prova che verifica e spesso smentisce le tradizioni su una data cultura antica.

Solo una manciata di gruppi oggi, come gli Aborigeni australiani, hanno profonde linee di sangue incontaminate dalla mescolanza con immigrati.

[Traduzione a cura di Deviance Project]

 

Quando il primo carico di migranti dalla Siria e dall’Iraq si riversò in Germania 2 anni fa, alcune piccole città ne furono sommerse. Il villaggio di Sumte, 102 abitanti, dovette ospitare 750 richiedenti asilo. La maggior parte degli abitanti entrò in azione, in nome della forte “Willkommenskultur” tedesca, o “cultura di benvenuto”. Ma un sedicente neo-Nazista nel consiglio distrettuale disse al The New York Times che permettendo l’afflusso, i Tedeschi avrebbero fronteggiato <<la distruzione della propria eredità genetica>> e rischiato di divenire <<una grigia mescolanza>>.

In realtà, il popolo tedesco non ha un’unica eredità genetica da proteggere. Stando agli scienziati che studiano le antiche origini umane, i tedeschi – e tutti gli altri Europei – sono già una mescolanza, i figli di ripetute migrazioni antiche. Nuovi studi mostrano che quasi tutti gli indigeni europei discendono da almeno tre migrazioni principali nei passati 15.000 anni, tra cui due dal Medio Oriente. Quei migranti attraversarono l’Europa, si mescolarono con immigrati precedenti, e poi si rimescolarono per creare la gente odierna.

Usando nuovi metodi rivoluzionari per analizzare il DNA e gli isotopi trovati in ossa e denti, gli scienziati stanno esponendo le ingarbugliate radici dei vari popoli del mondo come tedeschi antichi filistei e kashmiri. Alcuni di noi sono attualmente i diretti discendenti degli antichi scheletri ritrovati nei nostri giardini o patrie storiche. Solo una manciata di gruppi oggi, come gli Aborigeni australiani, hanno profonde linee di sangue incontaminate dalla mescolanza con immigrati.

<<Possiamo smentire quest’idea che chiunque sia puro>>, dice il genetista delle popolazioni Lynn Jorde dell’Università dello Utah a Salt Lake City. Invece, quasi tutti gli esseri umani moderni <<hanno questa storia incredibilmente complessa fatta di mescolanza, accoppiamento e migrazione.>>
Riavvolgendo il tempo di più di mille anni – un insignificante lasso di tempo rispetto ai circa 200.000 anni da quando la nostra specie è emersa – le storie su eredità o territori esclusivi crollano.
<<Fondamentalmente, il mito di chiunque è sbagliato, anche quelli dei gruppi indigeni>>, dice il genetista delle popolazioni David Reich dell’Harvard University.

Tacito, lo storico romano, riporta che nel 9 d.C. un membro della tribù germanica Cherusci chiamato Arminio condusse una ribellione contro i Romani vicino al villaggio di Kalkriese nella Germania settentrionale. Contro ogni previsione, le tribù massacrarono tre legioni romane in quella che divenne nota come la Battaglia della Foresta di Teutoburgo.
Dopo che il racconto di Tacito riapparve nel XV secolo, i nazionalisti tedeschi resuscitarono il mito di Arminio che è spesso raffigurato come un giovane capo biondo e muscoloso e noto come Hermann. Salutato come il primo eroe “tedesco”, si diceva che avesse unito le tribù germaniche e cacciato i romani dal loro territorio. Quello fu considerato l’inizio di un periodo in cui temibili tribù germaniche come i Vandali girarono per l’Europa, strappando il territorio ai Romani e ad altri.
Nel XX secolo, i nazisti aggiunsero una loro svolta oscura a quella storia delle origini, citando Arminio come parte di un’antica nobile discendenza di una “razza superiore” dalla Germania e dal nord Europa che chiamarono Ariani. Usarono la loro visione della preistoria e dell’archeologia per giustificare le rivendicazioni delle antiche terre natali delle tribù in Polonia e Austria.
Gli studiosi concordano sul fatto che ci fu davvero una vera battaglia che sconvolse l’Impero Romano, che si estendeva dall’isola della Gran Bretagna all’Egitto. Ma gran parte del resto della storia di Arminio è solo un mito: i Romani persistettero profondamente in Germania fino almeno al III secolo d.C., come dimostrato dalla recente scoperta di un campo di battaglia romano del III secolo ad Harzhorn, in Germania. Arminio non unì affatto le oltre 50 tribù germaniche dell’epoca. Persuase cinque tribù a unirsi a lui in battaglia, ma i membri della sua stessa tribù presto lo uccisero.
Inoltre, Arminio e i suoi parenti non erano “ariani” puri, se quel termine indica una persona i cui antenati vivevano unicamente in quella che oggi è la Germania o la Scandinavia. La tribù Cherusci, come tutti gli Europei dei loro tempi e successivi, era essa stessa composita, costruita dalle ripetute migrazioni nel cuore dell’Europa e poi ripetutamente rimescolata. <<L’intero concetto di etnia tedesca … è ridicolo quando si guarda alla scala della longue durée [lunga durata]>>, afferma l’archeologa Aren Maeir dell’Università Bar-Ilan di Ramat Gan, Israele.
Dopo la seconda guerra mondiale, molti studiosi si ritirarono dallo studio delle migrazioni, in risposta all’abuso nazista della storia e dell’archeologia. I nazisti avevano invocato migrazioni di gruppi “stranieri” verso il territorio tedesco per giustificare il genocidio. <<L’intero campo degli studi sulla migrazione è stato ideologicamente contaminato>>, afferma l’archeologa Kristian Kristiansen dell’Università di Göteborg in Svezia. Alcuni ricercatori tra l’altro resistettero all’idea che la migrazione avesse contribuito a diffondere innovazioni chiave come l’agricoltura, in parte perché ciò poteva implicare che alcuni gruppi fossero superiori.

I ricercatori non avevano nemmeno un metodo affidabile per rintracciare le migrazioni preistoriche. <<La maggior parte delle prove archeologiche degli spostamenti si basa su manufatti, ma i manufatti possono essere rubati o copiati, quindi non sono una vera prova per un effettivo spostamento>>, afferma l’archeologo Doug Price dell’Università del Wisconsin a Madison, che traccia le antiche migrazioni analizzando gli isotopi. <<Quando iniziai a fare ciò nel 1990, pensavo che le persone fossero molto sedentarie e non si spostassero molto>>.

Oggi, tuttavia, nuovi metodi forniscono prove più definitive delle migrazioni, scatenando un’esplosione di studi. Gli isotopi di Price e altri studi sono specifici per acqua e cibo locali e quindi possono rivelare dove le persone sono cresciute e se in seguito sono migrate. Il DNA di antichi scheletri e di persone in vita offre il “gold standard” nel dimostrare chi era legato a chi.

Nuove informazioni confermano che gli esseri umani hanno sempre avuto voglia di viaggiare, oltre a una gran voglia di mescolarsi con tutti i tipi di estranei. Dopo che il primo Homo Sapiens comparve in Africa, diversi gruppi uscirono dal continente circa 60.000 anni fa e si unirono a Neandertals e ad altri esseri umani arcaici. Oggi, quasi tutti gli esseri umani fuori dall’Africa portano tracce di DNA arcaico.

Gli esseri umani moderni sono in movimento da quando un piccolo gruppo di persone è emigrato dall’Africa più di 50.000 anni fa. Nuovi studi su geni e isotopi stanno aiutando a mostrare come le principali migrazioni hanno dato forma a chi siamo oggi.

Quello fu solo uno dei tanti episodi di migrazione e mescolanza. I primi Europei arrivarono dall’Africa attraverso il Medio Oriente e vi si stabilirono circa 43.000 anni fa. Ma alcuni di quei pionieri, come un individuo della Romania di 40.000 anni, hanno pochi legami con gli Europei di oggi, dice Reich.

Il suo team ha studiato il DNA di 51 Europei e Asiatici che vissero tra 7.000 e 45.000 anni fa. Hanno scoperto che la maggior parte del DNA degli Europei viventi ebbe origine in tre grandi migrazioni, a cominciare dai cacciatori-raccoglitori che venivano dal Medio Oriente mentre i ghiacciai si ritiravano tra 19.000 e 14.000 anni fa. In una seconda migrazione circa 9.000 anni fa, gli agricoltori dell’Anatolia nordoccidentale si trasferirono nelle attuali Grecia e Turchia.
Quell’ondata massiccia di agricoltori si riversò in tutto il continente. Il DNA antico testimonia il loro arrivo in Germania, dove sono associati alla cultura della “ceramica lineare”, tra 6.900 e 7.500 anni fa. Ad esempio, una donna di 7000 anni di Stoccarda, in Germania, ha le impronte genetiche degli agricoltori che la distinguono da otto cacciatori-raccoglitori che vivevano appena 1000 anni prima in Lussemburgo e in Svezia. Tra le persone che vivono oggi, i Sardi conservano la maggior parte del DNA di quei primi agricoltori, i cui geni suggeriscono che avevano occhi castani e capelli scuri.

Secondo uno studio del 2015 che ha usato DNA antico per calcolare il rapporto tra uomini e donne nei gruppi di agricoltori, questi si trasferirono in gruppi familiari e restarono bloccati tra loro per un po’ prima di mescolarsi con i cacciatori-raccoglitori locali. In netto contrasto con ciò fu la terza grande migrazione, iniziata circa 5.000 anni fa, quando i pastori entrarono dalla steppa a nord del Mar Nero in quella che oggi è la Russia. Quei pastori Yamnaya allevavano bestiame e pecore e alcuni cavalcavano cavalli appena addomesticati, dice l’archeologo David Anthony dell’Hartwick College di Oneonta, New York.

Lo scorso mese sulla rivista Antiquity, Kristiansen e il paleogeneticista Eske Willerslev dell’Università di Copenaghen hanno riferito che il rapporto numerico maschi/femmine delle prime sepolture degli Yamnaya nell’Europa centrale suggerisce che i nuovi arrivati erano principalmente uomini. Essendo arrivati con poche donne, quegli alti sconosciuti erano apparentemente desiderosi di corteggiare o rapire le figlie degli agricoltori locali. Non molto tempo dopo l’invasione degli Yamnaya, i loro scheletri furono sepolti con quelli di donne che da bambine avevano vissuto nelle fattorie, secondo gli isotopi di stronzio e azoto nelle loro ossa, dice Price, che li analizzò.
Le unioni tra gli Yamnaya e i discendenti degli agricoltori anatolici favorì la creazione della famosa cultura della ceramica cordata, nota per la sua distintiva ceramica impressa con un motivo a mo’ di corda, afferma Kristiansen. Secondo l’analisi del DNA, quelle persone potrebbero aver ereditato i geni degli Yamnaya che li hanno resi più alti; potrebbero anche aver avuto una mutazione all’epoca rara che ha permesso loro di digerire il lattosio nel latte e che si diffuse rapidamente.
Fu una combinazione vincente. Il popolo della ceramica cordata aveva molti discendenti che si diffusero rapidamente in tutta Europa. Erano tra gli antenati della cultura del “vaso campaniforme” dell’Europa centrale, noti per i recipienti che usavano per bere vino, secondo uno studio di Kristiansen e Reich pubblicato questo mese. <<Questa grande ondata migratoria degli Yamnaya arrivò fino alle coste dell’Irlanda>>, afferma il genetista delle popolazioni Dan Bradley del Trinity College di Dublino. I vasi campaniformi e il loro DNA sono apparsi circa 4.000 anni fa nelle sepolture sull’isola di Rathlin, al largo della costa dell’Irlanda del Nord, stando a quanto riferito quest’anno dal suo gruppo.
Questo nuovo scenario significa che l’Hermann della tradizione era lui stesso un insieme composto di cacciatori-raccoglitori post-glaciali, contadini anatolici e pastori Yamnaya. Lo stesso vale per la maggior parte degli altri Europei, inclusi gli antichi romani il cui impero Arminio combatté.

La tripartita miscela di Europei varia in tutto il continente, con rapporti numerici diversi per ciascuna migrazione e diverse quantità di tracce di altri lignaggi. Ma queste particolarità raramente corrispondono alle storie che la gente racconta dei loro antenati. Ad esempio, i Baschi della Spagna settentrionale, che hanno una lingua distinta, si sono a lungo considerati un popolo a parte. Ma l’anno scorso, il genetista delle popolazioni Mattias Jakobsson dell’Università di Uppsala in Svezia ha riferito che il DNA dei baschi moderni è molto simile a quello degli antichi contadini che popolavano la Spagna settentrionale prima della migrazione degli Yamnaya. In altre parole, i Baschi fanno parte del solito mix europeo, sebbene trasportino meno DNA degli Yamnaya rispetto agli altri Europei.

Più a nord, il Libro delle invasioni d’Irlanda (“Lebor Gabála Érenn”), scritto da un autore anonimo nell’XI secolo, racconta che i <<Figli di Míl Espáine … dopo molto girovagare in Scozia e in Egitto>> alla fine raggiunsero la Spagna e l’Irlanda, creando un moderno popolo irlandese distinto dai Britannici — e legati agli Spagnoli. Questo racconto risuona in una lunga storia sulle navi dell’Armata spagnola, distrutte sulle rive dell’Irlanda e delle Isole Orcadi scozzesi nel 1588. Dice Bradley: <<Spagnoli di bell’aspetto e dai capelli scuri approdarono a riva>> ed ebbero figli con le donne gaeliche e delle Isole Orcadi, creando una varietà di Irlandesi di colore con capelli, occhi e pelle scuri.

Sebbene sia una bella storia, dice Bradley, <<semplicemente non successe>>. In due studi, i ricercatori hanno trovato solo <<un piccolissimo contributo antico spagnolo>> al DNA britannico e irlandese, afferma il genetista umano Walter Bodmer dell’Università di Oxford nel Regno Unito, co-leader di un importante studio del 2015 sulla genetica britannica.
Gli Irlandesi adorano anche un’altra storia delle origini, sulle radici celtiche che si dice condividano con gli Scozzesi e i Gallesi. Nel Celtic Revival dei secoli XIX e XX, scrittori come William Butler Yeats trassero spunti da storie nel Libro delle invasioni e da testi medievali. Quegli scritti descrivevano una migrazione di Gaelici, o gruppi di Celti dalla terraferma che restarono ancorati alla loro identità di fronte a ondate successive di popoli romani, germanici e nordici.
Ma per quanto ci abbiano provato, i ricercatori finora non hanno trovato nessuno, vivo o morto, con un distinto genoma celtico. Gli antichi Celti presero il nome dai Greci che usavano “Celtico” come etichetta per gli estranei barbarici – le diverse tribù di lingua celtica che, a partire dalla tarda Età del Bronzo, occuparono il territorio dal Portogallo alla Turchia. <<Chi siano i Celti è una domanda difficile>>, afferma il genetista delle popolazioni Stephan Schiffels del Max Planck Institute for the Science of Human History di Jena, in Germania.
Il team di Bodmer ha rintracciato l’ascendenza di 2039 persone le cui famiglie hanno vissuto nelle stesse parti della Scozia, dell’Irlanda del Nord e del Galles a partire dal XIX secolo. Queste persone formano almeno nove gruppi genetici e geografici, dimostrando che dopo che i loro antenati arrivarono in quelle regioni, vi misero le radici e sposarono i loro vicini. Ma i gruppi stessi hanno origini diverse, con stretti legami con persone ora in Germania, Belgio e Francia. << ‘Celtico’ è una definizione culturale>>, afferma Bodmer. <<Non ha nulla a che fare con orde di persone che provengono da qualche altra parte e ne rimpiazzano altre>>.
I miti inglesi non se la passano meglio. La Cronaca anglosassone (“Anglo-Saxon Chronicle”) racconta che nel 449 d.C. due tribù germaniche, Hengist e Horsa, salparono da quella che oggi è l’Olanda fino al sud-est dell’Inghilterra, iniziando un feroce conflitto. In più, con l’arrivo di Angli, Sassoni e Juti, eplose la violenza con i britannici locali e finì in <<fiumi di sangue>>, secondo i resoconti dei monaci medievali. Gli studiosi hanno dibattuto di quanto fu sanguinosa quell’invasione e se fu una migrazione di massa o una piccola delegazione di re d’élite e dei loro guerrieri.
Una risposta è arrivata nel 2016 da uno studio sull’antico DNA degli Anglosassoni e dei Britannici indigeni che furono sepolti fianco a fianco nel V e VI secolo in un cimitero vicino a Cambridge, Regno Unito. Vissero e morirono insieme e persino si congiunsero, come mostrato da un individuo che aveva un mix di DNA sia di Britannici che di Anglosassoni, ed uno geneticamente Britannico che fu sepolto con una grande spilla cruciforme anglosassone. Anche se le storie si concentrano sulla violenza, i gruppi <<si mischiavano molto rapidamente>>, afferma Duncan Sayer, archeologo dell’Università del Lancashire Centrale a Preston, Regno Unito, che ha collaborato allo studio.
Il team ha proseguito mostrando che dal 25% al 40% dell’ascendenza dei moderni Britannici è Anglosassone. Persino il DNA delle persone in Galles e in Scozia – ritenute le roccaforti celtiche – deriva per il 30% dagli Anglosassoni, afferma il coautore Chris Tyler-Smith del Wellcome Trust Sanger Institute a Hinxton, Regno Unito.

Il boom degli studi sulla migrazione è incentrato sull’Europa, dove l’accesso ai resti antichi è relativamente facile e i climi freddi possono aiutare a preservare il DNA. Ma i genetisti stanno iniziando a indagare altrove la composizione dei popoli antichi. Ad esempio, le scoperte provenienti da recenti scavi in Israele sono legate alla risoluzione di un mistero di vecchia data della Bibbia: l’identità degli antichi Filistei.
Nei testi biblici, i “non circoncisi” sono noti come gli acerrimi nemici degli Israeliti; il nome “Philistine” è ancora un insulto in inglese. Si dice che i Filistei abbiano vissuto a Canaan, in Israele tra l’attuale Tel Aviv e Gaza. Mangiavano carne di maiale, combatterono gli eserciti di Sansone e rubarono l’Arca dell’Alleanza. Golia, ucciso da Davide con una fionda, era un Filisteo. Ma dopo i tempi dell’Antico Testamento, i Filistei scompaiono dalle scritture e dai racconti storici.
Per scoprire le origini dei Filistei, i ricercatori hanno studiato manufatti e resti di antiche città filistee in Israele. Le prove, inclusa l’analisi isotopica, mostrano che i Filistei erano un gruppo eterogeneo di immigrati, forse pirati, che provenivano da molti porti, portando maiali dall’Europa e asini in carovane dall’Egitto. <<I Filistei sono una cultura intricata proveniente dall’Anatolia occidentale, da Cipro, dalla Grecia, dai Balcani, e così via>>, dice Maeir, che ha diretto gli scavi nella città filistea di Gath per due decenni.
Maeir afferma di pensare che i Filistei, invece di estinguersi, presto si sposarono con persone che già vivevano a Canaan. Se fosse così, gli odiosi Filistei sarebbero parte del patrimonio ancestrale sia per i Palestinesi musulmani che per gli Israeliani ebrei. Quei gruppi, oggi così ostili tra loro, sono strettamente collegati geneticamente, secondo uno studio del 2000 sui cromosomi Y ereditati paternamente da 119 ebrei ashkenaziti e sefarditi e 143 arabi israeliani e palestinesi. Il 70% degli ebrei maschi e il 50% degli arabi maschi ereditarono i loro cromosomi Y dallo stesso gruppo di antenati paterni che vivevano in Medio Oriente negli ultimi millenni.
Man mano che le tecniche per scoprire le origini etniche si diffondono, quasi ogni settimana c’è un nuovo documento che verifica e spesso smentisce le tradizioni su una cultura antica o un’altra. I Kashmiri dell’India settentrionale non sembrano collegati ad Alessandro Magno o alle tribù perdute di Israele. I Parsi in Iran e in India non sono di esclusiva eredità iraniana antica, essendosi mescolati con donne indiane locali, anche se i sacerdoti parsi discendono principalmente da soli due uomini.

<<I gruppi etnici di passato e presente creano un “passato immaginario” su origini “pure” e di lunga data del proprio gruppo>>, afferma Maeir. Ma quel passato ricreato, dice Maeir, spesso ha <<poca relazione reale con i processi storici>> i quali invece hanno creato davvero il gruppo.
Finora, le storie sulle origini che sembrano avvicinarsi maggiormente alla realtà appartengono alle popolazioni indigene di tutto il mondo. Ad esempio, le tribù Tlingit e Tsimshian della Columbia Britannica in Canada e Alaska affermano di aver vissuto lungo la costa occidentale del Nord America da “tempo immemore”. Secondo le analisi del DNA pubblicate il mese scorso, le tribù in vita discendono in parte da tre antichi nativi americani che vivevano nella regione tra 2.500 e 6.000 anni fa. Nonostante ciò, la maggior parte dei nativi americani moderni non sono direttamente collegati agli antichi popoli che vivevano nelle stesse aree perché i loro discendenti si trasferirono, furono rimpiazzati o si estinsero nel corso dei millenni, dice Reich.

In Australia, le storie degli Aborigeni richiamano connessioni ancora più lunghe con le loro terre, e sembrano persino riferirsi a periodi in cui il livello del mare salì e scese più di 15.000 anni fa. Queste affermazioni sono tra le poche supportate dagli studi sul genoma. Le prove del DNA pongono gli antenati aborigeni nel continente tra 40.000 e 60.000 anni fa. Una volta arrivati i primi Australiani, si stabilirono in tre regioni e rimasero in quelle terre discrete per decine di migliaia di anni, secondo uno studio del DNA pubblicato a marzo.
Ma gli aborigeni sono una rarità tra i popoli della Terra, laddove le migrazioni sono state la norma. Quasi sempre, dice Reich, <<l’idea che gli antenati di una sola popolazione abbiano vissuto nello stesso posto per decine di migliaia di anni senza una sostanziale immigrazione è sbagliata>>.

A Sumte nell’autunno del 2015 i 750 rifugiati siriani arrivarono nei tempi previsti. Gli adulti stavano per lo più per i fatti loro, imparando il tedesco e facendo lavori edili occasionali. Ma i loro figli cantavano “O Tannenbaum” in una chiesa locale a Natale e i loro ragazzi spesso si avventuravano all’esterno, cercando segnale per il telefono cellulare nella tranquilla città.
Nei mesi seguenti, quasi tutti i rifugiati si diffusero nelle città più grandi di tutta la Germania. Nel tempo, alcuni degli immigrati giovani contribuiranno con il loro DNA alla prossima generazione di Tedeschi, ricostruendo su piccola scala il processo di migrazione e assimilazione che un tempo si svolgeva ripetutamente su questa stessa terra – e molto oltre.


Fonte: There’s no such thing as a ‘pure’ European—or anyone else

 

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