NESSUN RICONOSCIMENTO PER I PROFUGHI CLIMATICI
Esiste ormai un’ampia letteratura sugli effetti socio economici dei cambiamenti climatici, vale a dire conflitti, migrazioni forzate e aumento delle disuguaglianze. Uno dei rischi concreti è quello di un “apartheid climatico” con i ricchi che sfuggiranno agli effetti negativi del clima che cambia mentre i più poveri saranno lasciati in balia della fame e della guerra. Si stima che entro il 2030 oltre 120 milioni di persone in più potrebbero ritrovarsi in condizione di povertà, basti pensare che solo negli ultimi 20 anni le catastrofi climatiche hanno distrutto 87 milioni di case.
Le fonti non sono più solo “ecologiste” o “ambientaliste”, persino il World Economic Forum riconosce il cambiamento climatico come il rischio più grande del pianeta.
L’acqua viene già definita il petrolio del futuro, si stima che nel 2025 la crisi idrica possa colpire 3 miliardi di persone, ad oggi 168 paesi si dichiarano in desertificazione e non mancano serie ripercussioni sull’agricoltura. Mentre oggi ogni 15 secondi muore un bambino per malattie dovute alla mancanza di acqua potabile, nel 2050 la domanda d’acqua aumenterà del 55% sia per l’aumento della popolazione sia per i bisogni dell’industria.
Per quanto riguarda l’acqua del mare, oltre al problema dell’acidificazione degli oceani, si stima che entro la fine del secolo il 7% della popolazione mondiale rischia di finire sott’acqua, Venezia e città costiere italiane comprese.
Secondo l’ONU negli ultimi 60 anni almeno il 40% di tutti i conflitti interni registrati nel mondo è legato allo sfruttamento di risorse naturali, dal legname alle risorse minerarie, incluse la terra e l’acqua. Attualmente 276 fiumi e 156 laghi sono oggetto di conflitto tra due o più paesi.
Uno studio della banca mondiale curato da un gruppo di ricercatori universitari prevede che entro il 2050 le persone costrette a spostarsi per motivi climatici saranno 143 milioni e già nel 2015 il numero di profughi ambientali ha superato quello dei profughi di guerra.
Nonostante tutto questo i profughi ambientali non godono nemmeno di un formale riconoscimento e la comunità internazionale non riesce ancora ad accordarsi su una definizione univoca, mentre milioni di persone rischiano di restare e diventare fantasmi senza nessun tipo di protezione specifica.
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