Giacomo Leopardi, frammento dello Zibaldone.
“Discorre il Monti (Proposta ec. vol.1. p.227.) della separazione da farsi della natura bruta dalla coltivata. Vedilo. Egli antepone, come si può ben credere, questa a quella. È verissimo. L’arte emenda, abbellisce, ec. ec. non poche volte la natura. La natura non tocca dall’arte, spessissimo è intollerabile, dannosa, schifosa (come dice il Monti). Ma come tutto ciò? forse assolutamente? non già; ma relativamente all’uomo. Or tutto ciò che vuol dire? che la natura ha errato? ch’ell’è imperfetta nelle sue opere? Così la pensano coloro a’ quali par molto più assurdo che l’uomo non faccia tutto bene, di quello che la natura abbia fatto ogni cosa male, e sbagliato a ogni tratto, e vada sempre mendicando l’opera e il soccorso delle sue proprie creature. Ma io dico. Quelle cose che senza un’infinita arte dell’uomo, non gli giovano, non gli piacciono, o gli nocciono, o fanno nausea ec. non erano e non son fatte per l’uomo. Il mondo non è tutto fatto per l’uomo. Quelle cose che eran fatte per lui, o dovevano aver relazione con lui, ed avercela in quel tal modo, la natura le ha ordinate con tutta la possibile perfezione al suo bene. Così ha fatto per tutte le altre cose, il cui bene non sempre si accorda con quello dell’uomo.
Ma poichè l’uomo, mediante ciò che si chiama perfezionamento, e io chiamo corruzione, s’è posto in relazione con tutto il mondo, s’è proccurata un’infinità di bisogni ec. ec. ha dovuto con infinite difficoltà ridurre tutte le cose a uno stato idoneo al suo servizio; e le stesse cose che la natura avea destinate al suo uso, non essendo più buone a servirlo nel suo nuovo stato, ha dovuto, parte abbandonarle, parte ridurle a una condizione diversissima ed anche opposta alla naturale. Che vuol dir questo? non che la natura è imperfetta, ma che l’uomo non è qual doveva. Se l’arte è necessaria alla natura rispetto all’uomo, e non un’arte, dirò così, naturale, come n’adoprano proporzionatamente anche i bruti, ma un’arte difficilissima, infinita, complicatissima, lontanissima dalla natura; ciò non vuol dire che la natura per se stessa abbisogna dell’arte, ma che l’uomo è ridotto in tale stato che non gli basta più la natura di gran lunga; e ciò prova che questo stato non gli conviene. L’uomo alterandosi, ha trovato la natura imperfetta per lui. Ciò vuol dire ch’egli non s’è dunque perfezionato, ma corrotto; ciò vuol dire che egli non corrisponde più al sistema delle cose, e per conseguenza ch’egli è in uno stato vizioso. L’imperfezione dell’uomo, che non ha niente d’assurdo, perchè vien da lui, noi l’ascriviamo alla natura, il che è assurdissimo in sì perfetta maestra, e poi in quella che è la sola norma e ragione del perchè una cosa sia perfetta o no; giacchè fuor di lei, e della sua libera disposizione, non esiste altra ragione di perfezione o imperfezione. Dopo che l’uomo s’è cambiato, ha dovuto cambiar la natura. Ciò prova ch’egli non doveva cambiarsi. Se la sua nuova condizione fosse stata voluta e ordinata dalla natura, ella avrebbe disposte e ordinate le altre cose in modo che corrispondessero e servissero perfettamente a questa nuova condizione. E non dopo il cambiamento, ma prima di esso, l’uomo si sarebbe trovato in opposizione colla natura, (come oggi si trova tutto giorno) se il cambiamento fosse stato primordialmente ed essenzialmente ordinato dalla natura, cioè dalla ragion delle cose. Tutti gli esseri nel loro stato relativo di perfezione, trovano la natura perfettamente corrispondente ai loro fini, al loro bene, ec. e si trovano in perfetta armonia con tutte le cose che hanno relazione naturale ed essenziale (non accidentale) con loro. Solamente l’uomo in quello stato ch’egli chiama di perfezione, trova la natura renitente, ripugnante, mal disposta a’ suoi vantaggi, a’ suoi piaceri, a’ suoi desiderii, a’ suoi fini, e gli conviene rifabbricarla. Quanto più egli s’avanza verso la sognata perfezione del suo essere tanto meno si trova in armonia colle cose quali elle sono, e gli conviene, raddoppiando proporzionatamente l’arte, e vincendo sempre maggiori difficoltà, cambiar le cose, e farle essere diversamente. Quanto più l’uomo è perfetto, cioè in armonia col sistema delle cose esistenti, e di se stesso, tanto più gli è difficile e faticoso il vivere, e l’esser felice. Che strana assurdità sarebbe questa nella natura? che strana contraddizione con tutte le altre anche menome parti del suo sistema?
Se dunque l’arte è necessaria oggi all’uomo, e se la natura bruta gli è incompatibile, ciò vuol dire ch’egli non è qual dovrebbe, e che il suo vero stato di perfezione è il primitivo, come quello di tutte le altre cose. Lungi pertanto dall’esser questo un argomento contro il mio sistema, combatte fortemente per lui. “
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