Marketing ed Informazione
Una tragedia accade in un dato posto, come più o meno casuale evento della storia. Questa genera poi una rappresentazione televisiva che è filtrata attraverso interessi ovviamente economici, politici, ideologici.
Da questa rappresentazione scaturisce una reazione nell’opinione pubblica che si materializza sia sulla strada che sui social network, e anche a livello formale è pilotata dall’alto, secondo le regole del marketing. Ecco che l’indignazione e la coscienza collettiva vengono plasmate secondo le regole del commercio, del mero consumo, attraverso l’imposizione di codici precisi. Successivamente il dibattito si snoda in due tronconi che potrei riassumere semplicemente in destra (fascista-interventista) e sinistra (radical chic-pacifista) dove i primi iniziano a parlare in toni bellicosi e deliranti di sconfiggere il nemico/cattivo di turno mentre i secondi rimangono ancorati all’aspetto comunicativo della cosa (riflessioni varie, dettagli di cronaca, ironia, simboli, eccetera). Ecco come in pochi passaggi si passa da un evento brutalmente reale, sanguinolento, a parlare del nulla più assoluto, a discutere, quando va bene, della reazione alla reazione alla reazione alla reazione alla dichiarazione della moglie del politico in risposta alla rivendicazione di qualcuno di qualcosa.
A condividere il fondamentale articolo: “Io Parigina vi spiego perché non ho cambiato il mio avatar con la bandiera francese”. Il fatto in sé non esiste più, anche perché è morto nell’esatto momento della sua traduzione giornalistica.
C’è una vera e propria industria del cazzeggio sociale che è in grado di ridurre tutto a gossip e a caciara, in una totale frammentazione e dispersione di fatti e idee, che è atta a confondere e distrarre il pubblico offrendogli un finto dibattito preparato a tavolino, proprio come in un talk show dove tutti urlano e nessuno ha ragione ma intanto hai buttato 2 ore della tua vita.
E se ci sarà veramente la terza guerra mondiale, sarà la prima guerra mondiale che con tutta probabilità commenteremo su Facebook come facciamo con Sanremo.
Sempre riguardo alla questione della differenza fra il fatto in sé e la sua rappresentazione mediatica, vale la pena ricordare un piccolo ma emblematico episodio: la marcia per la pace dei potenti a Parigi dopo l’attentato a Charlie Hebdo. Quella fu una grande opera di manipolazione televisiva atta a inculcare nello spettatore l’idea dei leader politici coraggiosi uniti pacificamente alla testa del popolo per difenderci dal MALE. Bene, il quasi unanime giudizio popolare su quell’iniziativa fu sì la condanna per “ipocrisia”, ma il vero problema è che quella marcia NON è mai avvenuta, è stata creata con un semplice montaggio televisivo (anche se bastava un minimo di buonsenso per trovarla improbabilissima) e propagandata da tutti i mass media. Una cosa alquanto vomitevole. Questo è un FATTO.
Ora, perché avvalersi di mezzi disonesti per combattere una battaglia onesta? Questa è la domanda da porsi, e la chiave di tutto. Il famoso “Cui prodest?” La tv non racconta la realtà, né la deforma ma la crea di sana pianta, e se non si capisce questo si rimane spettatori passivi del massacro, o peggio complici propagatori di menzogne con l’avatar a striscette.
Servizio sulla marcia: https://www.youtube.com/watch?v=XK0dsWrA8rg
La marcia da un’altra prospettiva: http://www.independent.co.uk/…/paris-march-tv-wide-shots-re…
Fonte: Fulvio Venanzini
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