Merchandising della rivoluzione o rivoluzione del merchandising?

Guy Fawkes voleva far esplodere il parlamento per fare un colpo di Stato e re-imporre il cattolicesimo come religione di stato in Inghilterra: non c’entra niente la rivoluzione, non c’entra niente la retorica anti-sistema onnipresente nel famoso film.

Egli era semmai un reazionario, non un rivoluzionario, è ben diverso.

Quanto si è visto in quel film e soprattutto fuori, con le maschere di quel Guy Fawkes strumentalizzato e bugiardo, non è altro che una falsa riformulazione della storia per fini di marketing, rivolta ai simpatizzanti di Anonymous, della democrazia diretta dalla rete, delle rivoluzioni contro il potente di turno e non contro la struttura della società. Una carnevalata omologatrice e consumista.

Troppo facile citare le frasi di V dando ad intendere che “se fosse per me sarebbe tutto diverso”, troppo facile essere un po’ tutti rivoluzionari ma solo per un momento per poi tornare a:
– non pensare minimamente a quali conseguenze possano avere alla radice gli oggetti che compriamo né da chi vengono prodotti ;
– non considerare nemmeno la possibilità di smettere di sfruttare altri esseri viventi per cibo, vestiti, divertimento ;
– non fare praticamente nulla per cercare di avere un impatto minimo sul pianeta di cui così spesso si parla a vuoto;
– screditare e scoraggiare chiunque cerchi di agire diversamente pensando alle conseguenze delle proprie azioni quotidiane, di coinvolgere altre persone nella considerazione di problematiche, di chi cerca di avere interesse per ciò che lo circonda;
– giustificare il fregarsene perché se ne fregano tutti.

Non cambieremo le cose demolendo un palazzo con l’esplosivo, anche perché non siamo né dentro un film né dentro un fumetto.

Non ha senso farsi insegnare dal sistema come essere antisistema.

 

 

Fonte: Giacomo Zoffoli


 

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